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giovedì 27 settembre 2018

Uso di Diclofenac (Voltaren) e rischi cardiovascolari: serie di studi di coorte a livello nazionale.

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Uso di Diclofenac e rischi cardiovascolari: serie di studi di coorte a livello nazionale.



A metterci in luce di questa spiacevole scoperta è uno studio dell'Università di Århus in Danimarca condotto dal Prof. Lars Pedersen

La ricerca ha avuto modo di far notare come il diclofenac, il principio attivo del Voltaren, accrescerebbe rischi cardiovascolari in pazienti che lo assumono, escludendo quanti ne subiscano la somministrazione a livello "topico" con l'ausilio di gel  pomate o creme. 
Lars Pedersen è il medico e professore responsabile che ha attuato lo studio, ed ha avuto come sviluppatore l'intero Dipartimento di Epidemiologia clinica dell'ospedale di Ahrhus. 
L'analisi statistica ha raccolto i dati di milioni di danesi e si è posto l'obiettivo di confrontare i dati di quanti abbiano utilizzato nel corso degli anni farmaci a base del principio attivo diclofenac (come il Voltaren) e come altri anti-infiammatori a carattere non steroideo, come il paracetamolo e la Tachipirina
L'avvio dell'indagine si è posta come paletto quello di prendere in esame soltanto pazienti che inizialmente non soffrissero di alcun tipo di patologie cardiovascolari, renali, ulcere o altri tipi di problemi.
Il Professor Pedersen consiglia alle persone l'assunzione di altri principi attivi come ad esempio il paracetamolo o altri Fans.
Il diclofenac sarebbe stato causa dello sviluppo di patologie cardiovascolari nel 50% in più dei pazienti rispetto al paracetamolo, un dato che non subiva alcun tipo d'influenza in base ai connotati anagrafici o sessuali del paziente. 


Come riportato in The BMJ, copre lo studio che coinvolge un'iniziativa nazionale per la salute della popolazione in Danimarca. Segui il link per saperne di più sui risultati. 

https://www.bmj.com/content/362/bmj.k3426
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Ascorbato di potassio: un aiuto contro le malattie degenerative?

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Questa sostanza, associata al ribosio, è la base del trattamento per malattie degenerative e tumori ideato nel 1947 dal dottor Pantellini e oggi applicato dalla Fondazione che porta il suo nome. Cerchiamo di capirne di più.


«L’ascorbato di potassio, anche e soprattutto associato a ribosio, sembra contrastare efficacemente il processo di danno cellulare che favorisce l’insorgenza delle malattie degenerative e del cancro». Il dottor Guido Paoli, fisico e responsabile scientifico della Fondazione Valsé Pantellini, e il dottor Andrea Bolognesi, medico e consulente della Fondazione stessa, fanno il punto sulle proprietà di una sostanza che negli ultimi anni sta iniziando a diventare oggetto d’attenzione anche da parte dei gruppi accademici di ricerca. La Fondazione, che collabora attivamente con ricercatori che hanno lavorato nelle università di Parma e Siena, ha raccolto l’eredità scientifica di Gianfrancesco Valsé Pantellini, chimico cui si deve la scoperta nel 1947 delle proprietà terapeutiche dell’ascorbato di potassio.
«Abbiamo sviluppato linee di ricerca sia in vitro su linee cellulari sane e tumorali(1), che in vivo(2) su bambini affetti da malattie rare e orfane, con aumentato rischio oncologico» spiega Paoli. «I risultati sono davvero incoraggianti e sono stati pubblicati su varie riviste scientifiche internazionali(3); la somministrazione di ascorbato di potassio con ribosio ha migliorato sensibilmente le condizioni generali e obiettive dei bambini. Per esempio, sono stati osservati miglioramenti dell’attività cardiaca, delle caratteristiche dei capelli e della cute e miglior controllo del peso. Ha anche ridotto significativamente i parametri di stress ossidativo, normalmente molto elevati e con un ruolo importante nella cancerogenesi. Da alcuni anni l’attenzione della Fondazione Pantellini sulle ricerche in vitro si è spostata sulla combinazione D-ribosio e bicarbonato di potassio quale ulteriore passo avanti nello sviluppo di una strategia che permetta una rapida azione per contrastare i tumori solidi. Su questo composto sono stati pubblicati due lavori del gruppo dell’università di Parma, con il nostro supporto, sulla rivista Cancer Cell International. Sono state prese in esame linee cellulari del tumore al seno e fibroblasti sani dello stesso seno. La somministrazione del composto non ha messo in evidenza alcuna tossicità e ha ridotto la velocità di crescita e sviluppo delle cellule tumorali. Il composto non è genotossico, cioè non va a creare problemi al DNA, ma agisce a livello metabolico. Nelle cellule sane, che continuano a crescere senza alcun problema, la sua azione va a regolare e modulare le funzioni, mentre in quelle tumorali, che hanno bisogno di utilizzare enormi quantità di glucosio, va a ridurre sempre più la loro riserva energetica, cioè cerca di affamarle».
L’azione anti-cancro
Nell’ipotesi iniziale del dottor Pantellini prima e della Fondazione adesso, la cancerogenesi verrebbe innescata a livello fisiologico dallo squilibrio fra sodio e potassio. «Quindi è comprensibile come un’azione diretta per ribilanciare questi elettroliti possa contrastare il processo degenerativo: la nuova immissione di potassio nella cellula cancerosa fa uscire il sodio, che si porta dietro il glucosio non metabolizzato» spiega ancora Paoli. «Questo non significa necessariamente eliminare ogni fonte di glucosio, ma per chi si trova ad affrontare un problema oncologico è essenziale ridurre le fonti di zucchero, soprattutto raffinato».
Una delle contestazioni che viene mossa al metodo Pantellini riguarda il fatto che una stessa sostanza possa contrastare ogni tipo di tumore. «La nostra idea, invece, è che, pur essendo il cancro una malattia multifattoriale, il meccanismo di innesco sia sempre lo stesso» prosegue il dottor Paoli, «e risieda, appunto, nello squilibrio elettrolitico fra sodio e potassio, innescato dallo stress ossidativo. Per questo è ragionevole l’ipotesi di lavoro, ammessa nella scienza, che una stessa molecola possa agire sulle varie forme di tumore, proprio in considerazione di questo unico meccanismo di innesco della patologia. L’ascorbato di potassio, sia nella formulazione classica che con ribosio, è importantissima anche a livello di prevenzione, proprio per cercare di mantenere le giuste concentrazioni di potassio a livello intracellulare e ottimizzare le funzioni metaboliche. Alle concentrazioni utilizzate sui pazienti che si rivolgono alla Fondazione, non c’è tossicità né a livello cardiaco né renale. Chiunque può assumere il composto, ma devono fare estrema attenzione le persone a rischio di ictus o ischemia (o con episodi recenti), le persone in dialisi e quelle con complesse situazioni cardiache. È sempre opportuno che venga fatta un’adeguata valutazione da parte del medico che deve conoscere bene la metodica; è sempre opportuno evitare il fai da te».
Il metodo Pantellini
La Fondazione sta, quindi, continuando a proporre ai pazienti una metodica terapeutica basata su ascorbato di potassio e ribosio e sugli schemi studiati a suo tempo dal dottor Pantellini. Uno dei consulenti medici di punta dell’ente è il dottor Andrea Bolognesi, che illustra questo approccio. «La metodica Pantellini consiste nell’uso di ascorbato di potassio con o senza ribosio, da somministrare in genere tre volte al giorno nei casi di patologia oncologica conclamata. 
A questa terapia di fondo si aggiungono, in casi particolari, a seconda della gravità e a discrezione del medico, altre sostanze farmacologiche, per via iniettiva o endovenosa, con la funzione di potenziare e rendere maggiormente biodisponibile l’ascorbato stesso. Tali sostanze, prevalentemente vitaminiche, hanno anche una funzione tonica e detossificante, utilissima per gli organismi messi a dura prova dalla malattia e dalle terapie. Durata e frequenza della somministrazione variano notevolmente da caso a caso e seguono in genere l’andamento clinico. Esistono poi situazioni nelle quali la nostra metodica non si può applicare, cioè quando si fa uso giornaliero di chemioterapici per via orale; in tali casi, suggeriamo l’uso di sostanze che hanno una tradizione consolidata».
L’efficacia
«Anche nei casi più gravi e avanzati, ho riscontrato un miglioramento delle condizioni generali, un recupero di energia vitale e una diminuzione del dolore e dei processi infiammatori» spiega il dottor Bolognesi. «Le potenzialità dell’ascorbato di potassio sono molto vaste e poco note. Spesso veniamo a conoscenza di miglioramenti anche in patologie non propriamente di nostra pertinenza, come il diabete, le cefalee, le artriti e l’ipertensione. Riteniamo quindi utile e auspicabile proseguire in questa direzione con ulteriori studi, raffronti e raccolta di casi clinici. Le malattie degenerative e i tumori sono la vera epidemia di questi tempi e le armi che si mostrano efficaci contro di essi vanno sviluppate e utilizzate».
1)In collaborazione con l’università di Parma (prof.sse Ida Ortalli e Simonetta Croci, dott. Luca Bruni)
2)In collaborazione con la prof.ssa Cecilia Anichini, pediatra e genetista dell’università di Siena
3) Si veda: Anichini C. et al., Beckwith-Wiedemann syndrome: potassium ascorbate with ribose therapy in a syndrome with high neoplastic risk in «Anticancer Research», 31, 2011, pag. 3973-3976; Anichini C. et al., Antioxidant effects of potassium ascorbate with ribose therapy in a case of Prader Willi syndrome in «Disease Markers», 33, 2012, pag. 179-183; Anichini C. et al., Antioxidant effects of potassium ascorbate with ribose in Costello syndrome in «Anticancer Research», 33, 2013, pag. 691-696; Anichini C. et al., Antioxidant strategies in genetic syndromes with high neoplastic risk in infant in «Tumori»,100,2014, pag. 590-599; Croci S. et al., Potassium bicarbonate and D-ribose effects on A72 canine and HTB-126 human cancer cell line proliferation in vitro in «Cancer Cell Int», 2011; Bruni L. et al. K-D:rib dampens Hs 578T cancer cell chemoinvasion and proliferation in «Cancer Cell Int», 2014; Bruni L., Croci S., K-D:rib cancer cell proliferation inibitor and DNAzyme folding promoter in «Journal of Biological Research», 2014
CENTENARIO DELLA NASCITA DEL DOTTOR PANTELLINI
Il 2 aprile 2017 ricorreranno 100 anni dalla nascita del dottor Gianfrancesco Valsé Pantellini. La Fondazione che porta il suo nome ne ricorderà la figura e la sua attività di ricerca e di studio in una giornata di testimonianze e contributi di chi lo ha conosciuto direttamente.
Info: www.pantellini.org  .


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La radioterapia per il cancro provoca danni cerebrali, interrompendo il gusto e l'olfatto

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Traduzione a cura di Vivereinmodonaturale.com

I medici sanno da tempo che il trattamento con radiazioni per i tumori della testa e del collo possono spesso portare a cambiamenti nell'olfatto o nel gusto di un paziente, ma hanno attribuito questo effetto principalmente alla temporanea distruzione delle papille gustative. Ma secondo uno studio pubblicato sulla rivista Practical Radiation Oncology nel luglio 2013, almeno alcuni degli effetti potrebbero essere dovuti al danno cerebrale indotto dalle radiazioni.



Danno nasofaringeo e ai lobi temporali?


Lo studio è stato condotto su 22 persone sottoposte a trattamenti con radiazioni per una famiglia di tumori cerebrali noti come gliomi. 
Quattordici partecipanti sono stati trattati per glioblastoma, tre per gliomi di grado,3 e cinque per gliomi di basso grado. 

I ricercatori hanno condotto un'analisi dell'istogramma dose-volume per stimare la quantità di radiazioni ricevute da ciascun paziente in diverse regioni della testa, tra cui il talamo, i lobi temporali, il nasofaringe, il solco olfattivo, il polo frontale e la nicchia delle cellule staminali periventricolari. 

Ai partecipanti è stato chiesto di compilare un questionario per valutare eventuali odori o alterazioni del gusto all'inizio dello studio (prima della radiazione), nonché a tre e sei settimane dopo l'inizio della radioterapia.


Venti pazienti hanno presentato questionari utilizzabili; di questi, a metà del disturbo sentito a metà dell'odorato, durante la radioterapia, mentre il 70 per cento ha subito un disturbo al senso del gusto. 
Anche i pazienti che hanno avuto un disturbo del gusto più grave hanno avuto maggiori probabilità di subire gravi problemi di odore. 



I ricercatori hanno scoperto che un'aumentata dose di radiazioni al rinofaringe era associata ad un rischio significativamente maggiore di disturbi del gusto. 
Sebbene non sia tecnicamente parte del cervello, la faringe è un organo all'interno della testa che svolge un ruolo importante sia nella digestione che nella respirazione. 
Il nasofaringe o (rinofaringe) è la parte più alta di questo organo e si trova appena dietro il naso.



I ricercatori hanno inoltre scoperto che, quando i pazienti con tumori dei lobi temporali sperimentavano disturbi del gusto, questi disturbi erano molto più gravi di quelli sperimentati da altri pazienti. Questi disturbi del gusto più gravi potrebbero essere stati causati dal tumore stesso, o come effetto collaterale di una radiazione applicata direttamente al lobo temporale. 



"La tossicità del gusto indotta dalle radiazioni sembra essere più comune nei tumori del lobo temporale e può essere correlata alla dose ricevuta dalla nasofaringe", hanno concluso i ricercatori.



Un problema diffuso


Gli studi hanno dimostrato che quasi l'85 per cento di tutti i pazienti sottoposti a radioterapia alla testa e al collo subiscono una qualche forma di spiacevole cambiamento nel senso del gusto. Questi cambiamenti sono significativamente più comuni nei tumori della testa e del collo rispetto ad altre forme di cancro . 


Le modifiche al gusto e all'olfatto possono manifestarsi come una perdita di sensibilità, una distorsione della percezione (che include l'incapacità di identificare odori / sapori familiari) o persino un'allucinazione (come percepire odori / sapori che non sono effettivamente presenti).



Oltre all'effetto emotivo che questo può avere sui pazienti, può anche portare a cambiamenti pericolosi nei modelli dietetici, poiché i pazienti evitano cibi nutrienti che hanno assunto un odore o un sapore sgradevole. In effetti, uno studio ha rilevato che il 20% della cattiva salute nei pazienti oncologici potrebbe essere attribuito alla malnutrizione, piuttosto che al cancro stesso. 



La prevalenza di questo effetto collaterale rende essenziale che medici e pazienti siano meglio istruiti, secondo uno studio condotto da ricercatori del Wake Forest University Comprehensive Cancer Center e Virginia Tech e pubblicato su The Journal of Supportive Oncology nel 2009.



"Gli oncologi che comprendono i tipi e le cause del gusto e le anormalità olfattive potrebbero essere meglio preparati a discutere ed empatizzare con questi effetti collaterali negativi", hanno scritto i ricercatori. 



Le fonti per questo articolo includono: 




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mercoledì 26 settembre 2018

La papaya ricca di antiossidanti aiuta a ridurre i danni cerebrali causati dall'esposizione di metalli pesanti.

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Gli scienziati avvertono che l'avvelenamento da cadmio è un problema di salute globale poco conosciuto , che causa un numero enorme di morti ogni anno e contribuisce a molte malattie, non ultima quella del cancro


Traduzione a cura di Vivereinmodonaturale.com


L'esposizione a lungo termine ai metalli pesanti è stata documentata per aumentare drasticamente il rischio di varie condizioni scheletriche, riproduttive, cardiovascolari e urinarie.
La capacità del cadmio è nota nel danneggiare il cervello aumentando la quantità di stress ossidativo riscontrato nel sistema nervoso. 

I pazienti con tossicità da cadmio hanno una maggiore probabilità di sviluppare malattie neurodegenerative.

Questa è una seria minaccia per la vita umana, ma che può essere prevenuta e persino invertita usando il cibo.

Un recente studio pubblicato sull'European Journal of Medicinal Plants ha concluso che l' estratto di papaya può prevenire danni cerebrali indotti dal cadmio . 

Gli autori dello studio hanno scoperto che la papaya fa questo attraverso tre meccanismi:
  • Riducendo la quantità di malondialdeide (MDA) nel corpo. La MDA è un composto presente in natura che funge da marker per lo stress ossidativo;
  • Aumentando la concentrazione di vari composti legati alla disintossicazione; e
  • Aumentando il numero di antiossidanti nel corpo. Questo serve a rafforzare il sistema immunitario mentre il corpo si sta disintossicando.
Ai fini di questo studio , 30 ratti Wistar maschi sono stati divisi casualmente in sei gruppi di cinque animali ciascuno. Tutti i gruppi sono stati trattati per via intraperitoneale con una dose singola di 3,5 mg / kg di peso corporeo di solfato di cadmio. Due dei sei gruppi sono stati trattati con alte e basse dosi di estratto di papaya a 250 mg / kg e 400 mg / kg di peso corporeo rispettivamente per quattro settimane. 
I gruppi che hanno ricevuto una dose di estratto di papaia hanno mostrato una significativa riduzione del rischio di neurotossicità. 
Si è concluso che la papaya potrebbe essere utilizzata come trattamento alternativo sicuro ed efficace per il danno cerebrale causato dall'esposizione al cadmio.

L'esposizione al cadmio è legata a varie malattie

Anche bassi livelli di esposizione al cadmio possono causare diversi effetti avversi sulla salute . Coloro che sono esposti cronicamente al metallo pesante (compresi i forti fumatori) si trovano ad essere maggiormente a rischio delle seguenti condizioni:
  • Insufficienza respiratoria - La maggior parte degli studi sull'esposizione al cadmio parlano del suo legame con un aumento del rischio di malattia polmonare ostruttiva cronica ed enfisema. Si sospetta inoltre che l'inalazione di cadmio cronico sia una probabile causa di cancro ai polmoni.
  • Problemi cardiovascolari - L'esposizione al cadmio può aumentare la pressione sanguigna sistolica. Le persone regolarmente esposte alla sostanza hanno anche notato un aumento del rischio di trattenere il sodio e l'acqua nei loro corpi.
  • Malattia renale - Il rene è il principale organo bersaglio dell'esposizione cronica al cadmio. Quello che fa paura è che diversi studi hanno dimostrato che possono essere necessari in media 10 anni prima che si verifichi un'insorgenza clinica di danno renale, a seconda dell'intensità dell'esposizione. Tuttavia, piccole quantità di esposizione al cadmio possono apportare modifiche sottili (ma dannose) alla propria funzione renale.
  • Problemi scheletrici - Si ritiene che un'eccessiva esposizione al cadmio sia una causa secondaria di un metabolismo del calcio compromesso, un sintomo del danno renale indotto dal cadmio.
Il cadmio è un metallo pesante ed esiste considerevolmente nell'ambiente. È stato utilizzato nella produzione di batterie più vecchie, come pigmento nella produzione di vernici, nella placcatura elettrolitica e nella produzione di plastica di polivinilcloruro. 
È stato trovato che il cadmio può anche essere trovato in alcuni prodotti alimentari, a causa delle cattive pratiche agricole e dei cattivi metodi di marketing. 



Le fonti includono:





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Stefano Montanari sui casi di pertosse: «somministrare un vaccino in gravidanza significa mettere a rischio il feto»

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Nella foto lo scienziato Stefano Montanari.

Dottor Montanari, ha seguito la tragica notizia delle due neonate morte di pertosse all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo?
Molto poco. Quando la notizia è uscita mi trovavo a Pesaro per due giorni, impegnato con il microscopio elettronico reduce da un intervento tecnico di riparazione. Qualcosa, però, è stato impossibile non sentire, stante la pubblicità che ne è uscita. La prima cosa che mi è venuta in mente è che ogni giorno, stando alle statistiche ufficiali italiane, a mio parere robustamente sottostimate, ogni giorno muoiono da 19 a 20 persone nel nostro paese per le malattie contratte in ospedale a causa della loro sozzura. Non parliamo di chi da quei luoghi esce con una malattia nuova. Di questo nessuno parla e non si spende un centesimo per ovviare alla strage. La seconda cosa che mi è venuta in mente è che ci troviamo al cospetto di un espediente molto poco onorevole escogitato da piazzisti di infimo ordine.

Le reazioni dei media non trova siano state stupefacenti, anche per il dovuto rispetto che si dovrebbe mostrare nei confronti delle famiglie in questo doloroso e delicato momento?
Noi continuiamo a stupirci di fatti del tutto normali. Viviamo in un regime dittatoriale sicuramente molto particolare e unico nella storia, ma un regime che condivide tanti aspetti con tutti quelli che l’hanno preceduto e che lo affiancano temporalmente. Lei mi parla di rispetto, ma che rispetto si ha, in genere, per degli animali da reddito?

Ancora più stupefacente però, se mi permette, è che gira che ti rigira, quello che trapela, è che la «colpa» sarebbe delle madri non vaccinate.
La novità è quella di far cadere la responsabilità sulle madri non vaccinate
Per prima cosa, da quanto mi pare di avere colto, non esiste nessuna evidenza autoptica che conforti la notizia della morte causata da pertosse. Tutto è possibile, naturalmente, ma di solito non c’è tanta fretta e, se si sente il bisogno di rendere pubblico un fatto come quello di cui si parla, si aspetta di avere un riscontro certo.

La novità, quella sì stupefacente per la sua stravaganza, è quella di far cadere la responsabilità sulle madri non vaccinate. 

Una bizzarria simile, ovviamente non credibile da chiunque abbia un minimo di nozioni sull’argomento, si giustifica solo con la certezza di rivolgersi ad un pubblico totalmente impreparato culturalmente ma perfettamente addestrato a credere a qualunque cosa, non importa quanto fantasiosamente campata per aria, purché esca dalla bocca dell’addestratore.

Ora però i genitori dell’ultima bambina morta, secondo quanto riporta il Corriere, smentiscono facendo presente che ambedue erano vaccinati e sani: cosa può esser successo allora? 
Io non sono al corrente di ciò che sta accadendo e credo che pochi lo siano, ma non mi sorprenderò se qualunque informazione che possa mettere a rischio la tesi demenziale avanzata subirà la dovuta censura. E se le mamme avessero contratto la pertosse da bambine superando la malattia senza problemi come capita nella quasi totalità dei casi? È curioso che a nessuno sia passato per la mente di porsi la questione.
E se le mamme avessero contratto la pertosse da bambine superando la malattia senza problemi come capita nella quasi totalità dei casi? È curioso che a nessuno sia passato per la mente di porsi la questione.

La pertosse può colpire anche i neonati, persino quelli non ancora vaccinati. Burioni ci dice quindi che deve essere vaccinata la madre in gravidanza: le pare la giusta soluzione? 
Di Burioni preferisco non parlare. Siamo su livelli talmente diversi che non può esserci comunicazione e, comunque, io non voglio in alcun modo avere a che fare con lui se non attraverso quel confronto su basi esclusivamente scientifiche che lui da anni evita accampando scuse su cui non voglio pronunciarmi per pudore. Resta il fatto che vaccinare in gravidanza, e questo vale per qualunque vaccino, è inconcepibile se parliamo di medicina. Se parliamo di quattrini, la cosa cambia aspetto, ma qui io non c’entro più. Quando, quasi mezzo secolo fa, io sostenni l’esame di farmacologia, e per noi era un esame serio che non teneva conto delle esigenze, peraltro allora poco presenti, delle case farmaceutiche, se avessi detto di vaccinare una donna gravida il professor Luigi Molinengo, pur con la cortesia che era connaturata in lui, mi avrebbe giustamente mostrato la porta. Ora uno strafalcione simile finisce in pasto ai teledipendenti e diventa la verità indiscussa.

Somministrare un vaccino in gravidanza significa mettere a rischio pesantissimo il feto. Inquinanti vari comprese le particelle che noi troviamo da 16 anni, antibiotici impossibili da somministrare a un bambino e, allora, figuriamoci ad un feto!, formaldeide, alluminio… Con i farmaci non si gioca, anche se ci sono tanti sodi in ballo.
Sempre il Corriere della Sera, invece, ci presenta un’altra soluzione: la «strategia del bozzolo»: «Se le neomamme non si sono vaccinate in tempo? «Possono farlo entro i tre mesi di vita del bambino: anche i famigliari stretti dovrebbero essere sottoposti a richiamo. È quella che si chiama “strategia del bozzolo”, permette di creare attorno al neonato una vera e propria zona di sicurezza».
Quando l’ignoranza sconfina … Prescindendo dalla follia di vaccinare una donna incinta, in particolare il vaccino antipertosse ha un’efficacia tutta da dimostrare e, comunque, rende il vaccinato un untore a vita per la malattia. Dunque, vaccinare la famiglia aggrava il problema.

È così che si risolverebbe il problema?
Dipende da che cosa s’intende per soluzione. Uno statista di nome Adolf Hitler parlava di soluzione finale ed era applaudito da decine di milioni di persone.

Può spiegarci bene cosa sia la pertosse e come mai il vaccino non rende immuni?
Si tratta di una malattia infettiva particolarmente contagiosa trasmessa da un batterio Gram-negativo chiamato Bordetella pertussis. La trasmissione avviene inalando le goccioline di saliva o di muco emesse dai malati. È una malattia comune che colpisce decine di milioni di persone ogni anno, specie bambini, con manifestazioni che possono andare dalla quasi inosservabilità a tossi violente con vomito e che di norma guarisce senza strascichi e senza terapie. Il vaccino usato ora sostituisce quello di un tempo che era particolarmente gravato da effetti indebiti ma la sua efficacia è scarsa. 
Per ovviare al problema si sottopone il soggetto a richiami ripetuti ma l’efficacia resta scarsissima se mai esiste. Non ci si deve stupire, però: i vaccini sono tutti poco efficaci, e se dico poco regalo loro più di qualcosa.
Per ovviare al problema della scarsa efficacia del vaccino per la pertosse si sottopone il soggetto a richiami ripetuti ma l’efficacia resta scarsissima se mai esiste. Non ci si deve stupire, però: i vaccini sono tutti poco efficaci, e se dico poco regalo loro più di qualcosa.

«Contrariamente ad altre malattie infettive, la pertosse può colpire anche i neonati di madre immune.  Sembra infatti che gli anticorpi materni che costituiscono le loro prime difese non siano in grado di proteggerli contro questa infezione». Questo è ciò che dice l’ISS. Corrisponde dunque al vero? Eppure Burioni sembra ignorare totalmente questa precisazione.  
Sì, è vero. Le ho detto che quello che dice Burioni non m’interessa.

Sempre Burioni, nelle ultime ore, si è lasciato andare a passaggi davvero illogici uniti quasi ad ammissioni insolite. Le riporto alcuni suoi passaggi uniti a qualche domanda in mezzo. «Fino agli anni 90 contro la pertosse abbiamo usato un vaccino estremamente efficace che era però gravato di alcuni effetti collaterali rari, ma non trascurabili». Burioni ammette il danno da vaccino? Di quali casi parla? Ma i vaccini non erano «i farmaci più sicuri che ci sono»?. «Dopo quel momento, siamo passati ad un vaccino detto “acellulare”, che è sicurissimo ma meno potente». Quindi quello precedente era insicuro?. «A causa di questa minore efficacia, e pure delle mancate vaccinazioni, i casi di pertosse stanno aumentando». Quindi il vaccino per la pertosse è inefficace? Si prende la pertosse anche se si è vaccinati per la pertosse?
Stiamo parlando di Burioni che va preso per quello che è.

Dott. Montanari, scusi la franchezza, ma siamo dinnanzi ad un altro passo nel mercato del farmaco? Cioè, dopo il vaccino venduto per il bambino appena nato, ora se ne venderà uno certo anche per la madre?
L’industria farmaceutica è riuscita in un’impresa commerciale che non ha uguali. 
Chissà se il povero Ippocrate sta in qualche modo cercando di uscire dall’aldilà armato di randello.
Chissà se il povero Ippocrate sta in qualche modo cercando di uscire dall’aldilà armato di randello

Questo passaggio non sembra allontanarsi molto dal modus operandi del nuovo Ministro alla salute Giulia Grillo, che proprio ieri, davanti alle Commissioni parlamentari preposte, a proposito del morbillo, ha fatto presente che bisognerà agire sulle fasce adulte, spesso scoperte da coperture vaccinali.   
Il mio vecchio professore di fisiologia ci diceva: «Nonostante le vostre cure, la maggior parte dei vostri pazienti guarirà». La ministra Grillo, mai eletta da nessuno e, dunque, seduta deve sta fuori dei confini della Costituzione, sarà uno degli elementi che metteranno alla prova la veridicità di quella frase. Se la Natura avrà interesse a salvare l’homo sapiens, scoverà qualcosa anche per difenderci dal ministro.
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