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macrolibrarsi un circuito per lettori senza limiti

sabato 6 febbraio 2016

BAMBINI CAVIE PER VACCINI …. VENETI OVVIAMENTE ! (Un po di storia.)

macrolibrarsi un circuito per lettori senza limiti

da Redazione di Vivere Veneto

Riportiamo con tristezza una notizia apparsa nei giorni scorsi sul Gazzettino. Pubblicato il 
Non possiamo evitare di considerare come la discriminazione del nostro popolo e delle nostre terre da parte degli italiani, iniziata con il plebiscito burla del 1866, non si sia mai fermata attraverso i decenni e continui ancora, anche se in forme diverse, talvolta più subdole che in passato.
Ai Veneti di oggi, il grande compito, ma anche l’onore di dire basta a una dominazione che è durata fin troppo.
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testo di Gabriele Pipia su Il Gazzettino
SPINEA – «In quel maledetto marzo 1933 fummo utilizzati come cavie umane. Io sono sopravvissuto, tanti altri bambini no. Ma a tutti quei piccoli martiri non è dedicata nemmeno una targa».
Sono passati esattamente ottant’anni, ma il ricordo è ancora vivo nella mente di Adamo Gasparotto, che ora abita a Spinea e di anni ne ha quasi 86. Per gli storici locali e per gli anziani residenti del paese, quella del 1933 è ricordata come “La strage di Gruaro“.
La storia, struggente, è documentata da molte ricerche storiche relative al periodo fascista. «Il prefetto e le altre autorità di allora, su indicazione del regime, scelsero i Comuni di Gruaro Cavarzere per testare un nuovo vaccino contro la difterite – racconta Gasparotto -. Il nostro dottore era del tutto contrario, ma evidentemente c’era il bisogno di provare sul campo il vaccino. La puntura venne fatta a 253 bambini e ben 28 morirono nei giorni seguenti. Quasi sotto silenzio».
Tra quei 253 bimbi c’erano pure Gasparotto e la sua sorellina di tre anni: «Ci somministrarono quel vaccino all’ambulatorio comunale, ma tornati a casa ci sentimmo tutti male – racconta riportando le testimonianze degli adulti dell’epoca -. Si cadeva a terra e, mangiando, si rischiava di soffocarsi. Tutti piangevano, il paese era in apprensione. Alla fine ci dovettero ricoverare a Portogruaro, dove l’ospedale era pieno e vennero organizzati reparti di fortuna. Eravamo tutti terrorizzati, ogni tanto qualche bambino moriva e si capiva dalle urla delle mamme».
Gasparotto e la sorellina se la cavarono, e solo negli anni seguenti si chiarì quanto era successo: «Un contenitore di siero in un laboratorio di Napoli non fu fatto bollire – racconta Gasparotto -. Le fiale che finirono a Gruaro contenevano vaccino vivo, unasostanza letale».
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